Ho letto, non ricordo dove, una domanda che mi ha colpita per la sua acuta ironia:

Volevo chiedervi come mai avete chiamato Terra un pianeta composto al 70% di acqua, ma prima vi chiederò come mai vi siete chiamati Sapiens.

Continuando nella stessa vena ironica, dirò che, nella savana africana, il nome del nostro pianeta appare quanto mai azzeccato, visto che qui, di quel 70% di acqua, ne arrivano soltanto venti centimetri all’anno, che si riversano su questa terra rossa e arida durante la stagione delle piogge.

Quello che, sempre qui nella savana, appare invece meno azzeccato è l’appellativo Sapiens di cui la classificazione di Linneo ci ha insignito. Un esempio tra tanti: in solo ventun anni (tre generazioni per l’animale) questo continente ha perso il 41% dei leoni che lo popolavano. Le cause principali? La riduzione e la frammentazione dell’habitat e il bracconaggio.

Per questo, guardo sempre con l’emozione con cui si ammira un miraggio o un miracolo ogni traccia d’acqua che incontro durante i miei safari. E per questo mi entusiasmo come una bambina quando avvisto i leoni, i leopardi e tutti gli animali che la crudeltà dell’Homo Sapiens ha decimato e continua a decimare.
E li fotografo, per trattenerne il ricordo.

Concludo con un’altra citazione: questa volta è un antico proverbio africano:

Tratta bene la Terra, perché non è un’eredità dei nostri padri, ma un prestito dei nostri figli.

E qui, in Africa, la Terra e la Natura sono rispettate, amate, temute. Qui viene naturale prendersi il tempo e il piacere di ammirare i colori cangianti delle albe e dei tramonti, di cercare le costellazioni nel buio della notte, di gioire per la pioggia scrosciante che disseta la terra e gli animali.
Qui, in mezzo a questa Natura selvaggia e incontaminata, l’uomo si rende conto di essere soltanto un ospite, non un padrone.

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