Ho fatto Il mio primo viaggio in Madagascar nel 2013 e ne sono rimasta talmente colpita che ho sentito il bisogno di conoscerlo meglio, di scoprire anche i luoghi e gli aspetti meno noti, quelli che non appaiono nei cataloghi dei tour operator.
Così ci sono tornata tre volte e ho dormito in tenda sulle rive del fiume Tsiribihina tra baobab e coccodrilli, ho navigato per giorni il Canal des Pangalanes, coi suoi villaggi fuori dal tempo appollaiati sulle rive e le notti illuminate soltanto dalla luna e dal fuoco dei falò.
Ho viaggiato su un treno sgarrupato e coloratissimo, insieme a polli vivi e caschi di banane, impiegando quattordici ore per percorrere centosessanta chilometri.
Ho visto ambulatori medici remoti e senza mezzi, che la gente dei villaggi raggiunge dopo ore e a volte giorni di cammino.
Ho visto una povertà devastante, vissuta con i sorrisi e la serenità di chi non ha conosciuto mai niente di meglio.
E ho scoperto un’Africa molto diversa da quella che avevo fino ad allora visitato.
Il Madagascar è il ritratto a tinte forti di un Paese sospeso tra due diverse civiltà e ancorato a un ecosistema unico al mondo.
È un’Africa che si sfuma nella dolcezza dell’Oriente, due universi che si fondono e si confondono nei volti della gente e nei colori del paesaggio: la terra rossa è Africa, il verde delle risaie è Oriente.
È un’Africa senza animali feroci e senza safari, è un micro-continente di biodiversità sopravvissute ad ere ed ere di evoluzione… è terra di lemuri e di camaleonti, di tartarughe e di balene.
È un’Africa di popoli diversi venuti da lontano, è il Paese dei fady e dei Famadihana, della morte vista come un’evoluzione della vita, dei sacrifici rituali e dell’astrologia.
È un’Africa con chilometri di spiagge bianche segnate soltanto dalle orme dei pescatori, che da millenni solcano il mare con le loro piroghe dalle grandi vele quadrate.
I camaleonti del Madagascar
E dopo questa lunga premessa – visto anche che ho a disposizione un post e non un libro – vorrei accennare alla fauna di questo Paese e in particolare a un animale che, insieme ai lemuri, ne è un po’ il simbolo: il camaleonte. Ne esistono più di duecento specie nel mondo e una buona metà vive solo in Madagascar.
Amo gli animali e adoro i cani, ma ho sempre provato diffidenza – se non addirittura repulsione – per certi esserini innocui ma decisamente poco accattivanti come gechi, ramarri, lucertole e affini.
Da quando abito in campagna, ho imparato a conviverci (mai troppo da vicino, però…), ma è stato qui, in questo mondo a parte che è il Madagascar, che ho scoperto che anche i rettili – i camaleonti in questo caso – hanno una loro bellezza, che va al di là della voglia di prenderli in braccio e accarezzarli.
Ce n’è un assortimento incredibile, con tante specie che, anziché mimetizzarsi con l’ambiente che li circonda come per tradizione sarebbe loro atavico dovere, sfoggiano dei colori sgargianti e variopinti che affascinano e stupiscono.
Un’immagine vale più di mille parole: un luogo comune, lo so, ma – come la maggior parte dei luoghi comuni – contiene una grande verità.
Quindi: cliccate sulle immagini di questo post, che sono solo un assaggio delle tante foto che ho scattato: guardate i disegni, i colori, i “ricami di perline” del corpo, la particolarità della muta della pelle.
Sono rettili, certo, ma sono (diversamente) bellissimi!