Sono alla terza presentazione del mio libro. Ormai dovrei essere rodata ma, invece, l’emozione è ancora quella della prima volta. Se è vero che l’adrenalina dà la carica, stasera sarò la mattatrice dello show.
Uso la parola show non a caso, perché la presentazione si tiene in uno storico teatro fiorentino – il Teatro di Cestello – che ha messo a disposizione la sala, il palcoscenico e ben cinque attori, che daranno vita e voce ai miei personaggi con brevi letture dal testo.

Quando poi calerà il sipario, ci ritroveremo tutti nel foyer, per un brindisi e un aperitivo.
Mi torna alla mente La notte degli scrittori al Teatro Archivolto di Genova, un evento a cui ho sempre partecipato con piacere. Da spettatrice, però.

Il pubblico – una sessantina di persone – aspetta l’inizio comodamente seduto sulle poltroncine di velluto rosso della platea, mentre io fremo in punta della sedia piazzata sul lato sinistro del palco. Maria Rosaria Perilli, la relatrice del mio libro, seduta accanto a me, mi lancia uno sguardo rassicurante; io abbozzo un sorriso che somiglia a una smorfia di rassegnazione.

Le luci del teatro si abbassano e uno spot illumina due degli attori, in piedi al centro della scena, che recitano un brano che conosco bene, ma che mi sembra nuovo. L’applauso del pubblico (scontato, lo so, ma pur sempre un applauso) mi dà un brivido leggero.
Nel frattempo, le luci si sono riaccese e sono puntate su di me.
Maria Rosaria mi fa la prima domanda – “Cosa significa per te scrivere?” – e la mia voce, non proprio argentina di natura, risponde arrochita dall’emozione. È l’unico segnale del mio imbarazzo, però: l’inizio appena incerto della mia risposta prende vigore e sicurezza subito dopo le prime parole. Siamo qui per parlare di me e del mio libro, mi dico, due argomenti che mi sono sicuramente familiari. E tutto quello che mi si chiede è di essere me stessa.
Il dialogo continua, fluido, e io riesco perfino a fare un paio di battute.
Mirella Francalanci – la direttrice di goWare, la mia casa editrice – sale sul palco e il dialogo diventa una conversazione sull’e-publishing e sull’editoria in generale.
Capisco di essere a mio agio quando mi scopro a spiare, nel buio della platea, le reazioni degli spettatori. Senza ansia, però, solo per trovare delle conferme.

E quando – dopo un’alternanza di letture, domande, risposte e qualche divagazione – si arriva ai ringraziamenti e ai saluti, io mi sento felice: di come è andata la presentazione, voglio dire, non che sia finita!