Era tutto il giorno che diluviava e grosse nuvole nere oscuravano il cielo. La luce dei lampioni si dissolveva nell’aria umida e i rari passanti, nascosti dagli ombrelli, camminavano veloci a testa bassa, attenti a schivare le pozzanghere.
Erano le sei di pomeriggio, ma pareva notte fonda.
La ragazza era immobile nell’unico balcone illuminato, con le mani appoggiate sulla ringhiera. C’era una lampada accesa alle sue spalle e lei era solo un’ombra scura nel riquadro della portafinestra: un fermo immagine in controluce.
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D’un tratto, l’ombra si mosse. Balzò sulla ringhiera e si lasciò andare all’indietro. Precipitò giù dal quarto piano come un fagotto di stracci e si schiantò sull’asfalto lucido di pioggia.
Rimase lì, con le braccia in croce e gli occhi spalancati, mentre la pioggia le inzuppava i capelli biondi e la vestaglia rosa.